I Calimma, dopo il grande successo con i Marenia, tornano in medioriente.

Diario di bordo: 13 novembre 2013 Napoli ore 11:00, aeroporto di Capodichino.

Si parte!

Tutta la band è arrivata. I bagagli sembrano non terminare mai nonostante siano minimi. Le percussioni, tammorre, cajon, tamburelli, piatti, aste, shaker, ed aggeggi sonori vari, tra cui un magnifico triccabballacche, soprannominato il truccabaldracche, sono belli pronti. Bouzouki, mandolini, Chitarre, fisarmonica e contrabbasso elettrico (la scopa!), viaggeranno con coi. Come alla fine il cajon, meglio dividerci un po di cose nelle valigie, tipo i leggii, l’asta per i piatti, i cilindretti. Ma si va, portiamoci anche le tammorre ed il cajon in cabina.
Dopo il check in ci aspetta il gate, ed il volo per Istanbul. Siamo sull’aereo.

Il volo procede senza scossoni, questa volta le hostess seriose e distaccate della compagnia aerea non ci chiedono di suonare in volo. Hanno però anche il fintochef.
Il fintochef è come il fintostocco secondo me. Perché il cibo è quello solito di tutti i voli internazionali. Ma si può scegliere, tra pollo e beef. Ma ora mi chiedo, se ti permettono di scegliere quando il carrellino arriva al tuo posto vorrà dire che ad esempio, ogni 50 persone hanno riscaldato 100 pasti. Sicuramente ne rimarranno 50. Vengono rimessi a posto e riscaldati per il volo successivo? Misteri del colesteVolo. Ma il vino turco con i suoi 14° è stato apprezzato.

Istanbul dall’alto è meravigliosa. Unità da una linea retta e quasi due ore di volo, la città è semplicemente spettacolare. Tutte le architetture possibili si fondono in quello che è un autentico mix da ombelico del mondo. Il sud Italia dovrebbe smetterla di rincorrere un equilibrio italiota di sviluppo e guarda solo verso questi luoghi. Potenziare i voli e navi verso il mediterraneo. Se l’Europa e l’Italia non sono all’altezza della mia terra, la mia terra deve guardare altrove. Ed ad “altrove”, si può creare sviluppo, cultura, interscambi, turismo.

Dopo qualche ora, e dopo aver suonato la chitarra e il mandolino, si riallungano un po’ le corde, e si riparte, stessa compagnia, stesso fintochef, stavolta per Riad, Arabia Saudita. Cavoli è sparito il vino dal fintomenù! L’unica cosa che sembrava interessante! Le leggi Saudite sono applicate, forse a mo’ di cortese servilismo, forse come imposizione, anche partendo dalla semieuropea Turchia.

Stranamente il volo ha una rotta strampalata. Ma forse per motivi di sicurezza. Infatti cambia proprio continente per rientrare in Asia passa per l’Africa! Sotto di noi le piramidi, i giochi di luce delle città egiziane sono magnifici. Potevamo restare a migliaia di piedi ma questo volo a bassa quota cancella tutta la serio sita delle hostess, e anche il fintochef. Ok, cancella anche il fatto che ancora aspettiamo un altro bicchiere d’acqua.

Stiamo per atterrare a Riad. La città è sconfinata, non se ne vede la fine in ogni direzione. Luci da casinò americano stridono con le culture millenarie di questo posto, altopiano nel deserto. Le parsimonia dei loro avi, nello gestire le risorse sembra dimenticata solo guardando lo spreco enorme di energia. Amici sauditi ma non vedete che con tutte queste luci sparate nel cielo non si vedono le stelle?

Atterriamo, un bruttissimo e vibrante (in senso negativo), atterraggio. A momento l’aereo rimbalza. La sabbia presente nell’aria è tanta. Colpisce l’aereo come schiaffi. Ma alla fine è fatta. E non c’è nemmeno la fila della scorsa volta. E neanche il poliziotto alto un metro ed una noce che instrada con fare severo tutti verso una coda di ore. Oggi, siamo fortunati, al varco solo noi. Il controllo passaporti è sempre con la foto tridimensionale e con le impronte digitali di tutte le dita.

Oh Cavoli! È successa una cosa terribile! Il poliziotto al controllo passaporti è un tifoso della Juventus! Non sapevo quale fosse la vera cosa terribile ancora che ci aspettava. La valigia con le percussioni mancava all’appello. Ecco il vero dramma. No percussioni? No party. O forse no.

Dopo 10 minuti di incomprensibili telefonate con il personale del bus che ci attendeva (ma che ne so dove si trova il “counter” fuori l’aeroporto e che non potete aspettarci all’uscita perché avete il terrore dei controlli? Che ne so che dite pour invece di four? Ok ok passo la palla a Domenico e Massimo. Il mio inglese è come l’onestà di alcuni politici, pessimo.
Occupiamoci della valigia. Non sanno dove sia. Questa non è una buona notizia. Per niente. Lasciamone una descrizione all’ufficio bagagli smarriti e andiamo. Ormai sono le 2 del mattino qui. Se la ritrovano ci chiamano e dobbiamo andarcela a prendere, in aeroporto. Pessimo servizio. L’aeroporto è ad 1 ora quasi di questa strana autostrada nel deserto con i cancelli, da dove stiamo. Si con i cancelli. Ho chiesto perché. Semplice, quando passa il corteo reale l’autostrada viene chiusa per motivi di sicurezza. Si ha l’impressione di vivere in una grande proprietà privata.
Lo è.

L’autista indiano o di quelle aree non sembra molto sveglio, o ha una guida personalizzata, oltre ad andare dritto oscilla anche di lato. Sarà una guida creativa.
Non so se in Italia apprezzerebbero.
Lasciamo una copia del passaporto di Vittorio alla reception dell’albergo. Con la riseduta dell’ufficio bagagli smarriti. Ci dicono che se ne occuperanno loro e che all’arrivo della valigia all’aeroporto andranno a prenderla per portarla in camera. Ottimo. Così possiamo dormire. Abbiamo deciso di ricomprare le percussioni smarrite a Vittorio tutti insieme, nel caso dovessero essersi realmente smarrite e non vengano coperte da un rimborso che arrivi al loro costo.

La preghiera. A tutto volume nella città si sente l’imam diffondere la preghiera. La frase “in principio era il verbo”, presa in prestito da una religione più antica di questa molto famosa dalle nostre parti, sembra centrare l’obiettivo. La forza di questi suoni e la loro suggestione è enorme. Da pace. Buonanotte.

Appena sveglio. Siamo in una suite. Quest’hotel potrebbe essere un 7-8 stelle delle nostre categorie. C’è un frigo enorme, un salone, lavatrice, asciugatrice, lavastoviglie, cucina completa, con stoviglie, microonde, camere con letti matrimoniali, bagni e tanto spazio. Internet sembra un centinaio di volte più veloce delle nostre connessioni. Peccato che blocca gli upload su youtube e il download da iTunes. Manca il dentifricio 🙁

Non so perché ma per strada mi concentro sui denti degli arabi. Un vero disastro.
Le donne vanno sempre e solo in giro con bambini, altre donne, parenti, non possono muoversi sole. Ma sotto il velo e questa specie di maschera che lascia solo gli occhi fuori, si intravedono sguardi estremamente vivi. Non abbassano gli occhi. Anzi si vede che sorridono. Sono sicuro che non accadrebbe la stessa cosa se incrociassero lo sguardo di un arabo. Sembra che anche questo sia reato. Meglio stare alla larga. Sono tanti i rischi per gli occidentali qui. Quello principale è abbattersi in un reato senza sapere che lo è. Portare una croce o altri simboli religiosi è un reato. Le “modifiche” al corpo sono mal tollerate, ovvero tatoo, piercing etc. Assolutamente vietati. Alcool, apostasia, omosessualità, e droghe assolutamente vietate. Spesso con la pena di morte.

Ma torniamo al motivo per cui siamo qua. Il concerto all’Ambasciata italiana.
Dopo la ricca colazione, Nasser è arrivato. Il nostro simpatico autista con questa vettura che sembra un camion con 7 posti, tanto è enorme. Qui tutte le auto sono enormi. I nostri inquinanti ed inutili suv sembrano miniature di queste auto spesso 6000cc. Forse la vicinanza col deserto ne aumenta l’utilità. Ma non ci giurerei affatto.
Il sound check non fila liscio. Dobbiamo capire come suonare senza parte delle percussioni. Vittorio stacca delle foglie da una palma e con un po’ di scotch fa delle spazzole. Per il resto vedremo.

Il palco è coperto di bella moquette blu. Mai da noi sarebbe possibile per l’accumulo di cariche elettrostatiche. Ma in questo caso suoniamo strumenti acustici microfonati. Possiamo passarci sopra.

Tutto è come la scorsa volta. Stavolta un bel processore di mastering è messo alla fine del mix. Un pensiero di chi ha portato qui l’impianto. Tuttavia abbiamo notevoli problemi con i monitor audio e con il fatto che un maxi schermo a led non permette lo sfogo dei monitor dietro di noi. Il suono rimbalza sui microfoni proprio da li. Con diversi esperimenti risolviamo. Ma sono le 15.

Intanto abbiamo condiviso una bella pizza (ok ok anche buona, ma non mi chiedete perché porta il nome pizza!), con lo staff di OasItalia sempre attivissimo, che dopo il grandissimo successo dello scorso concerto dei Marenia e Calimma a maggio ci ha rivoluto qui.

Maria Ylenia ha cantato, per la prima volta nel paese, nella tv di stato saudi2 senza l’abito nero obbligatorio Abbaya, e senza capo coperto. Un evento storico nella speranza che i diritti umani siano sempre più in primo piano.

Per la “settimana della cultura italiana nel mondo”, sotto l’egida della Presidenza della Repubblica, oggi siamo qui. Eseguiremo i brani storici della tradizione millenaria napoletana. Parte fondamentale della cultura italiana nel mondo. Dai brani del 1200 ai primi del 1900.

Intanto abbiamo notizie della valigia. È ad Istanbul. Ma arriva con lo stesso volo della scorsa notte. Significa che realmente dobbiamo farne a meno nel concerto.
Ci attiviamo. Vittorio e Massimo trovano un negozio che può fittarci una cassa di una batteria con pedale. Ma il titolare del service si offre per portarcela lui. Dice che ha un amico che ha una batteria e che può noleggiarcela. Ok.

Arriviamo per il concerto ma la cassa non c’è. Henry ha detto che l’amico non è riuscito a rintracciarlo. Ormai è troppo tardi per fare qualunque altra cosa. Suoneremo così.
Intanto arrivano centinaia di persone. Con sorpresa anche molte donne. È bellissimo. Tutte le occidentali sono in abito da sera ma alcune hanno l’Abbaya, sembrano arabe ed hanno il velo islamico ma scoprono il volto. Finché non vanno via a fine serata. Bello.
Molti ambasciatori, e persone di tutto il mondo sono qui. Sogno che siano rappresentanti delle loro genti. Potremmo dire loro: suvvia, cancelliamo tutti gli eserciti, i confini, il dominio dell’uomo sull’uomo, i conflitti, le speculazioni, le violenze. Cerchiamo di farlo, ma con la musica. Magari viene loro in mente da soli.
E la pace dura di più. OasItalia sta facendo il miglior lavoro possibile. Lo standard è alto. Della cena, dell’audio, del pubblico.

Sono tutti attenti, le foto di Antonio lo Gelfo, ancora più belle della scorsa volta e luminose, ritraggono luoghi e tradizioni italiane. Ottimo lavoro. Il concerto entusiasma. Sono contento. Non è facile bissare un successo a pochi mesi dalla scorsa volta. A tutti manca molto. Ma non poteva esserci. Maria Ylenia ha una gran voce ed è un animale da palco con pochi eguali. Il pubblico applaude, abbiamo introdotto anche sketch carini come la deriva verso un sirtaki interrotta da una finta protesta dei musicisti. Un successo. Anche questa volta. Funiculì funiculà fa cantare tutti. Ancora una volta la potenza della musica della nostra terra ha conquistato tutti. Bello.

La cena è divertente. Un indiano “originale”, un po’ in sovrappeso e simpatico, bacia Massimo De Vita su un braccio. E situazioni simili accadono per tutta la serata. Delle americane mi chiedono un disco e così un’altra decina di persone. Ma stavolta con audacity abbiamo registrato senza problemi e con discreta qualità tutta la serata. Federico ha fatto delle ottime riprese e presto sarà tutto sul tubo.

Rientriamo stanchi ma felici. Posso dormire. E la valigia? Il personale dell’albergo non può andare a prenderla. L’ambasciata italiana risolve il problema grazie al Console, e all’impegno di tutti loro a notte fonda la valigia è nella suite. Fuori la camera di Vittorio. Avrà un buon risveglio.

A pranzo siamo attesi dall’ambasciatore e dallo staff di OasItalia. Anna, Angela, Margherita, Rabih, si stanno davvero impegnando molto affinché si diffonda la nostra cultura fatta di rispetto per le diversità ed eguaglianza di diritti. Qui sembra un miraggio lontano. La segregazione è forte.

Stasera ci aspetta una festa. La musica dance occidentale invaderà l’aria di Riad.
Vi andremo più tardi. Abbiamo prenotato un’auto con autista che ci porti a comprare dei datteri, un giro al Suk delle stoffe e profumi e uno a quello degli strumenti musicali tradizionali. E poi all’ambasciata.

Siamo pronti. Massimo Capocotta non sta nella pelle. Vuole comprare qualcosa di carino per le sue bimbe.
Saliti in questa enorme Lincon nera un po’ kitsch, da subito facciamo una scoperta terribile, l’autista non solo non sa parlare inglese, ma non ha minimamente idea di dove siano i posti da raggiungere ne ha con se un navigatore. Chiama forsennatamente all’hotel per farsi spiegare ma gira in tondo. Ci porta in una strada ma ci troviamo in un centro commerciale dove c’è un negozio di strumenti musicali ma standard. Ed il negoziante non ha idea di dove sia il Suk con quelli tradizionali. O non vuole dircelo.
Gironzolando un po’ scopriamo che sembra diviso in due aree. L’area dei maschi e delle donne, chiamato family (tanto da sole non possono muoversi). Ci troviamo nell’area family per errore (la polizia potrebbe cacciarci o arrestarci), e ci sono tante marche italiane, soprattutto di moda. I maschi sono seduti a guardare una partita di calcio. Il posto è enorme. Ma quasi vuoto.

Torniamo dall’autista ma non sa proprio come aiutarci. Ci facciamo riportare all’albergo dopo aver inutilmente girato in tondo. Finalmente troviamo il negozio di datteri. Ma rientrati all’albergo davanti alle nostre rimostranze ci fanno un po’ di sconto sul noleggio dell’auto e ci cambiano autista. Questo è bravo e conosce inglese e strade. Ma ormai è tardi. Ci facciamo accompagnare in ambasciata.

Entriamo. Piena festa. Centinaia di persone. Come la sera precedente. Il numero di ragazze è impressionante. Sembra che in queste occasioni possano vivere una normalità agognata. Purtroppo le donne saudite ovviamente non possono partecipare. Nessuna ha l’Abbaya. Nessun volto e testa coperta.

Parlo a lungo con una ragazza. Per la sua sicurezza non rivelerò la nazionalità ne il lavoro. “La condizione dei lavoratori qui è da schiavi. Il datore di lavoro è lo sponsor. Lui trattiene il passaporto del lavoratore fino all’uscita dal paese. È lui che lo riaccompagna al volo. Fino a poco fa si prestavano i lavoratori. Ora è vietato. E molti sono i rimpatri. Come molti sono i ricatti ai lavoratori. Spesso economici e ancora più spesso, per le donne, di tipo sessuali”. Le sue parole non fanno che confermare ciò che penso, la religione a capo di uno stato è un errore. Dio non s’impone. Dio è. Ed è talmente grande la sua forza che nessuna legge dell’uomo può ingabbiarla. Ogni restrizione ha speculatori. Ovviamente tra chi detiene il potere.

Con un po’ di amarezza mi concedo, dopo la festa Marcello e Massimo tengono un concerto per pianoforte e voce. Fino alle 4. Poi il volo.

Sembra finita ma è qui che inizia la vera esperienza. La segregazione e la gestione del potere.
All’aeroporto dopo il check in scopriamo che il sistema informatico saudita è in tilt.
È attiva la modalità di test. Windows Xp che vedo da lontano sui terminali forse è da aggiornare.

Una calca di migliaia di persone tra cui noi per tre ore vengono tenute in piedi, senza assistenza alcuna, senza spiegazioni e spesso trattate con eccessivo sgarbo dai poliziotti sauditi. Riesco ad arrivare in cima. Allo sblocco dei terminali, persone di varie nazionalità sono dietro di me accalcate come nella metro di Tokyo alle 19. Ma un poliziotto mi spinge con un braccio via, e non riuscendoci chiude la mano a becco e mi prende ad una spalla con violenza per farmi spostare e scopro perché. Poco prima l’ha fatto ad Antonino. Capiamo quando accade che ciò che è normale per loro non lo è affatto per noi. Il razzismo. I poliziotti creano i varchi per far passare prima i Sauditi! Che senza neanche guardare, ignorando completamente le persone in fila passano prima con le loro mogli. Bene. Anzi male.
Fortuna che oltre il gate il personale della compagnia di volo ci porta subito al volo e anche ad Istanbul viene a prenderci all’aereo per imbarcarci immediatamente.
Siamo in Turchia. Già mi sento a casa.
Dopo poche ore ed un film con Sandra Bullock in turco, ci attende il controllo passaporti a Napoli. Efficiente, velocissimo come chi non nulla da temere. A Napoli si che mi sento sicuro…

Piove! Ma come?! O paese d’o sole?! Sarà che anche la pioggia vuole partecipare a #fiumeinpiena . La nostra terra anche ha ancora tanta strada da fare. I diritti umani, sanciti sulla carta, vedono nei fatti un biocidio attuato dalle mafie, di uno stato assente ed amministratori inetti e collusi. Ma siamo in Italia. Almeno per le mie parole non mi aspetta la morte. Sulla carta…

Hanno condiviso questa avventura con me che ho suonato chitarra acustica, Bouzouki e mandolino ed ho diretto la parte audio tecnica, Marcello Basile, voce, chitarra classica e mandolino, Vittorio Bruno alle percussioni, Massimo De Vita ai flauti e mandolino, Massimo Capocotta alla fisarmonica e pianoforte, Roberto Caccavale al contrabbasso ed i ballerini: Antonino Orefice, Domenico Simonelli, Alessandro Arcella, Antonello Apicella.
Anche se non ci ha accompagnato in questa avventura un grazie immenso a Maria Ylenia Trozzolo, voce e leader dei Marenia e vicepresidente di illimitarte senza la quale nulla di questo sarebbe stato possibile.

Infine ma assolutamente non per ultimi, i nostri ringraziamenti doverosi, vanno all’Ambasciata d’Italia a Riad nella persona del dott. Mario Boffo, del console dott. Francesco Musi e tutto lo staff. Grazie ad OasItalia, oasi di luce nel deserto.

Lello Cardone.

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