Spread the love

Mauro Boccuni, 2011

Mauro Boccuni, 2011

La produzione di un disco non è un parto indolore.  Non lo è per il musicista o il gruppo “assunto” dalla grande editoria musicale e che su di lui riversa lo sforzo del proprio investimento economico. Non lo è  a maggior ragione per chi oltre a finanziare la propria impresa di comunicazione artistica deve spesso anche svolgere altri ruoli non meno gravosi quali quello della produzione di sala, del manager di sé stesso e del musicista.

Una premessa necessaria per sottolineare che, dietro la necessità e/o la scelta di mantenere l’indipendenza artistica dalla macchina editoriale tradizionale, vanno apprezzati gli sforzi di squadre di lavoro soggette alla dinamica degli adattamenti ai progetti.  Progetti i cui risultati estetici non sempre coincidono con l’idea dell’autore per mancanza del tempo (cioè di soldi) richiesto per rifare una linea di basso, un break di batteria o per aggiungere una tastiera prima del mixing finale.

Così mi ritrovo a chiacchierare con un musicista di buona esperienza sul palco e in studio come IrvinVairetti e parte dei miei commenti alla recente pubblicazione del primo progetto degli AnsiriaIl vuoto e la sua vanità” trovano una parziale spiegazione.

Bella la voce di Irvin, leggera di corpo, con un bel vibrato, ma che sembra prediligere troppo i registri alti senza toccare mai neanche la gamma del basso baritono. Sarebbe interessante rafforzare lo spettro per allargare la gamma che sembrerebbe essere nelle corde dell’artista.

Quattro pezzi sono di sicuro impatto per la struttura, le suggestioni timbriche e la qualità dell’arrangiamento

Le citazioni a Buckley e a tratti a Sylvian mi paiono segno di rispetto e indicano il rapporto con un’eredità non celata dietro false ipocrisie. Degna di merito la voglia di creare un’identità sonora e ancora di più la cura del booklet (Brava Simona Mercurio) e i temi delle canzoni.

Ma… mi domando quale sia la funzione delle liriche nel canto. Se sono scritte per essere capite assieme o dopo il primo ascolto, nel caso del cd, l’obiettivo fallisce del tutto perché soffrono dell’urgenza di dire, significare, coprire le pause sfuggendo al principio della suggestione del tanto detto con il poco, con l’essenziale.

E’ vero l’identità sonora è un punto di forza. Ma soffoca completamente la qualità del canto, che probabilmente gli autori volevano asservire progettualmente al ruolo di tutto l’organico strumentale. Irvin Vairetti e la sua urgenza espressiva meritavano maggiore cura nel missaggio e soprattutto nel mastering che soffre di un evidente effetto di tagli di frequenze medie e di compressione sonora, poco in linea con lo spirito di fuga dal vuoto

Avrei preferito un EP a sei, massimo otto canzoni. E gli spunti strumentali non sviluppati sono state delle opportunità non sfruttate.

Poi ho sentito gli Ansiria suonare dal vivo voce e due chitarre e come supponevo la prova del “Fare palco” ha premiato un progetto che al posto di essere “fotografato” in studio dopo ore e ore di buona alchimia umana sulle assi dei club, matura solo in seguito all’urgenza di proporsi inizialmente con il cd o il supporto che il futuro escogiterà.

Io questa sequenza promozionale, di comunicazione tra pubblico e musicista la trovo vecchia e anacronistica!

Così come considero nocivo e fuorviante agli occhi del pubblico che i concerti degli artisti in particolare quelli emergenti debbano essere gratuiti!

Share

Related Post