I Marenia intitolano Scantu – paura, in calabrese, – il cd che hanno pubblicato per illimitarte, alla fine del mese di ottobre 2010.
Ma la persona che ha paura e che rischia di non riuscire a cogliere per il lettore la complessità di questo lavoro, sono io.
Io, che sono pervaso innanzitutto dal desiderio di trasferire in queste poche righe il rispetto che i Marenia mostrano nei confronti dell’Arte ogni volta che si esibiscono dal vivo, sia che si tratti di un palcoscenico teatrale sia che si tratti di una piazza.
I Marenia sono Raffaele Cardone e Maria Ylenia Trozzolo, autori, arrangiatori e produttori del terzo cd del gruppo.
Ambedue hanno la capacità di spendersi per il proprio messaggio con la generosità tipica dei musicisti di strada, quelli che per intenderci non fabbricano alibi per non concedersi all’attenzione di un pubblico di passanti variegato per curiosità, diversa disponibilità di tempo e senso del gioco.
I musicisti di strada costruiscono la loro credibilità sulle categorie dell’intrattenimento, sulla nobiltà delle capacità espressive a cui spesso delegano il compito di traghettare poemi, invettive e denunce sociali in forma di ballate, danze, cori.
Anche i Marenia partecipano al rito collettivo del “fare” Musica dei Popoli. Alcune delle loro composizioni degli anni passati – penso a “Monnezza”, un inno invettiva contro il malaffare dei rifiuti in Campania – sono state cantate e subito fatte proprie dalla gente, dalla comunità che ad ogni occasione aggiunge, taglia e ricompone il brano che è oramai di tutti.
Perché allora intitolare “Scantu“, un cd fresco di stampa, a dir poco impeccabile nella forma e nella sostanza e che si presenta con una copertina sofisticata a cura della pittrice Lucia Franciosa?
Perché i Marenia in questo cd hanno racchiuso la loro rabbia, la loro frustrazione per le speranze deluse, il loro grido di speranza, tutte le energie profuse nello sviluppo delle attività che conducono con coraggio da anni con l’associazione.
Allora la paura derivante dalla minaccia del Grande Fratello mediatico è tale da spingerli ad aprire il cd con il brano omonimo “Scantu” in stile di bossa nova.
Ancora sgomento in “Brigantessa si mora” nelle voci strozzate delle donne che hanno assistito alla morte dei loro uomini durante l’invasione dei Piemontesi nel Regno delle Due Sicilie.
La stessa disperazione si ritrova oggi come ieri in “Maletiempo” nelle speranze tradite delle madri che assistono al massacro dei propri figli stregati dal fascino malvagio della criminalità organizzata.
In “E signu cca ca pianzu” riecheggia la domanda dylaniana che il cantautore americano si poneva 50 anni fa frustrato dinanzi ai troppi morti per guerre fratricide accese spesso dal malanimo e dalla stupidità di una ingiustificata sete di sangue. I Marenia si chiedono quante bombe autografate dovranno caderci in testa per accorgerci che la guerra è un errore? Quanti uomini vili sono a capo di paesi? Quante gambe di gomma si possono fare con le ruote dei camion militari? Chi ridarà i sogni ai bambini mutilati dalle mine?
Il tema ritorna sotto la foggia dell’arruolamento alla guerra o alla lotta calato negli scontri del G8 a Genova. “Gola e Tammurriaddru” due ragazzi, giovani e vittime in diversa maniera della loro innocente voglia di un futuro di pace. Gola è remissivo, Tammurriaddru è spinto da un ideale di protesta. Non hanno fatto i conti con la malvagità del Potere.
La guerra e i suoi orribili lasciti testamentari alle future generazioni recuperano spazio nella Storia dell’Umanità quando vengono alla luce le vicende scomode a cui i regimi, come quello fascista, avevano preferito abdicare. “Ferramonti” è il nome della località calabrese dove il fascismo costruì il più grande campo di concentramento Italiano e nessuno sa nulla con 3000 internati. Una storia intensa per non dimenticare e non ripetere gli stessi errori.
E se la volontà di occultare la memoria fosse una strategia per riprogrammare il destino di un’intera nazione cosiddetta “civile”? In un elenco apparentemente giocoso e saltellante, i Marenia in “In un paese civile” fanno il loro elenco, alla Saviano, di tutte le dicotomie che schierano e sclerotizzano il dibattito tra cittadini, Per combattere il loro (attuale ed unico) stato di consumatori.
Quando poi i conflitti in un paese non più civile si fanno insanabili purtroppo aumenta il fenomeno dell’emigrazione e il dolore di dovere essere costretti ad abbandonare le proprie radici, i propri legami con la terra e i sentimenti che ci hanno nutrito per farci diventare quello che siamo diventa straziante.
I Marenia osservano il fenomeno da due punti di vista quello umano appena descritto nella ballata “Nosotros dos” e nel capitolo critico di “Nunneranumigranti” dove invitano l’ascoltatore a chiedersi se non fossero emigranti quelli che nei secoli sono arrivati qua costruendo di fatto l’Italia.
“Scantu” si conclude con due pezzi tra loro contigui e “imparentati” con il terribile cancro delle criminalità organizzate che costruiscono la loro forza sulla paura della gente e sul loro consenso omertoso, silenzioso.
“Cittu” cioè zitto è un recitativo minaccioso e incalzante che spinge i Marenia a ricordare che un Uomo non può essere paragonato ad una pietra.
“Camorra” sigla il cd con il grido di speranza “Non mi fai paura!” con cui possiamo davvero sconfiggere il nostro legame quotidiano con la complicità. E quindi con le criminalità che ci opprimono.
Mauro Boccuni