In un’epoca in cui l’arte rischia di perdere il suo ruolo di catalizzatore sociale, emergono voci che ricordano il potere trasformativo della musica. Questa intervista ad Alessandro Ferrara ci porta nel mondo di un artista che ha fatto dell’impegno sociale la sua missione di vita, utilizzando il dialetto napoletano come veicolo per trasmettere messaggi profondi e universali.
Dalla sua esperienza con gli “scugnizzi” di Napoli alla lotta personale contro una malattia debilitante, il nostro intervistato ci offre uno sguardo intimo su come la musica possa diventare uno strumento di coesione, di consapevolezza e di cambiamento. Attraverso le sue parole, scopriamo come l’arte possa nascere dalle viscere del dolore per trasformarsi in un ponte tra culture, generazioni e realtà sociali diverse.
In questo dialogo, esploriamo il significato di essere un cantautore impegnato nell’Italia contemporanea, le sfide nel portare messaggi sociali attraverso la musica e il potenziale dell’arte come terapia dell’anima. Un’intervista che non solo racconta una storia personale, ma che invita anche a riflettere sul ruolo dell’artista nella società e sul potere della musica di ispirare, unire e guarire.
Cosa ti ha ispirato a scrivere “‘A verità” in dialetto napoletano?
Innanzitutto, ringrazio di cuore tutti gli artisti che hanno partecipato alla realizzazione del brano ‘A Verità:
Luciano Orologi (sax tenore, tastiere, arrangiamento) Stefano Cesare (basso elettrico) Marco Aquilani (chitarra elettrica, acustica) Nicola Orabona (drums) Laura Antonini (voce) Raffaele Cardone (sound engineer, recording, mixing) Bob Fix (mastering)
Assistenti tecnici:
Marianna Laganà, Francesco Pirozzi, Giovanni Cantone.
‘A Verità è una canzone partorita dalle viscere e il napoletano, indubbiamente, è un dialetto profondamente viscerale e passionale.
Inoltre, ti consente di utilizzare delle metafore meravigliosamente melodiche e teatrali.
‘A Verità poteva essere scritta soltanto in napoletano per trasmette appieno il suo significato.
Come pensi che la musica possa contribuire alla coesione giovanile?
La musica rappresenta una delle più potenti armi di cui disponiamo per unire i popoli del mondo, per rendere coese tradizioni e culture, per creare nuovi modelli sociali, ma anche per esprimere ciò che non è possibile comunicare nella quotidianità della maggior parte degli esseri umani in modo fluido e spontaneo, perché condizionati dalle maschere che necessariamente bisogna calzare per affrontare questa società neo oscurantista, della quale, purtroppo, in tanti casi è divenuta vittima e complice la stessa musica.
Molti giovani sono assuefatti da canzoni che diffondono messaggi privi di poetica ed inneggianti violenza, stupri, malavita…
L’arte delle muse è un linguaggio universale che in passato è riuscito a favorire la creazione di movimenti culturali e sociali globali in favore dei diritti umani e grazie ai quali sono stati raggiunti importanti traguardi senza spargimento di sangue.
La musica è la più evoluta delle rivoluzioni umane, perché influenza le masse anche in modo subliminale.
Suonare in gruppo è un formidabile allenamento all’ascolto dell’altro e all’empatia che, purtroppo, sono sempre meno ambite in quest’epoca.
La musica e l’arte in generale hanno una funzione fondamentale per l’evoluzione dell’umanità purché siano partorite dal cuore di menti sagge.
Quali temi sociali ti stanno più a cuore e come li affronti nelle tue canzoni?
Mi sono occupato per oltre vent’anni di scugnizzi e di persone con disabilità nell’hinterland partenopeo, poi, subito dopo la prima dose di vaccino Anti COVID ho iniziato a soffrire di dolori cronici diffusi in tutto il corpo ed altri sintomi devastanti senza riuscire a comprendere tempestivamente di cosa soffrissi e sono stato costretto a ridurre drasticamente le attività di volontariato. Soltanto grazie ad una dottoressa molto scrupolosa ed umana ho intrapreso un percorso di approfondimenti diagnostici e visite specialistiche che mi hanno permesso di ottenere una diagnosi.
Sono affetto da Fibromialgia secondaria (in comorbilità con altre patologie). La fibromialgia è citata nella classificazione delle patologie più dolorose e nel 1992 fu riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) come malattia cronica non degenerativa del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo. A tutt’oggi, malgrado, l’OMS abbia invitato gli stati a riconoscerla, l’Italia non l’ha ancora inserita nei Lea (livelli essenziali di assistenza) e tra le patologie invalidanti.
In passato mi occupavo di scugnizzi e di persone con disabilità, oggi, nei miei testi, oltre a trattare quei temi, parlo anche della mia quotidiana sofferenza che, tra l’altro colpisce oltre due milioni di persone in Italia, della speranza che non abbandonerò mai e dei sogni che mi permettono ancora di volare oltre il dolore, ogni tanto.
Cosa significa per te essere un cantautore impegnato nel sociale nell’Italia di oggi?
E’ una missione, un’indole che nasce dalle viscere, non puoi deciderlo razionalmente, è il tuo istinto di sopravvivenza, ma al tempo stesso, purtroppo, è una condanna.
L’arte è sempre stata anche sinonimo di sensibilità e follia. Bisogna essere folli per sperare di poter contribuire al miglioramento della società in cui viviamo. L’arte è ciò che da un senso alla mia vita, è una terapia dell’anima, ma è anche una condanna, perché per tutta la vita sarò soggetto alla malinconia. Le ingiustizie, la povertà d’animo che in Italia dilagano in ognidove, ispirano la mia arte.
In questa condizione, spero sempre che ciò che vivo nell’orgasmica dimensione artistica-onirica possa diventare realtà, ma sono consapevole che è un’utopia o forse no.
Comunque sia, questa umanità è troppo infantile ed autolesionista per comprendere, per esempio, che vivere in un mondo senza guerre conviene a tutti, in fondo.
Ma le guerre non sono solo quelle alle quali siamo abituati a pensare, in Italia stiamo assistendo silenti ad una progressiva deprivazione dei diritti umani. Non è una guerra anche questa?
Ognuno dovrebbe, nel suo piccolo, contribuire a stimolare prese di consapevolezza ed azioni. Io, attraverso la mia arte, spero di riuscire a farlo.
Come è nata la collaborazione con illimitarte per la distribuzione mondiale della tua musica?
Conosco Raffaele Cardone e Massimo Capocotta da molti anni, ho sempre apprezzato quell’impegno artistico-sociale per il quale si sono caratterizzati ed è per questo motivo che mi sono affidato a loro. Illimitarte è una realtà consolidata, tanti giovani seguono e partecipano alla rivoluzione musicale dei Maestri d’arte e di vita che l’hanno fondata.
‘A Verità è stata registrata nello studio d’Illimitarte.
Quando partorisci una canzone non puoi affidarla a chiunque, perché una canzone è come un figlio ed ha bisogno di essere trattata con delicatezza ed amore…
Quali sono le sfide maggiori che hai incontrato nel portare messaggi sociali attraverso la tua musica?
Come già detto, sono affetto da una patologia che causa dolori cronici diffusi in tutto il corpo ed altri maledetti sintomi. La sfida più grande è stata ed è trasformare la mia sofferenza in un linguaggio artistico che, mi auguro, possa toccare le corde emotive di chi ascolta e creare piccoli spunti di riflessione.
Le canzoni del Concept album “A Verità” sono nate grazie alla penna immersa nell’inchiostro delle viscere, incontrando fantasmi ed inquietudini, coraggio e fantasia, è un rito scaramantico attraverso il quale tento di alleviare il dolore. Ognuno di noi, nella danza della vita, grazie agli artigli della sofferenza conficcati nelle viscere ha l’opportunità di disincantarsi dall’effimero e riscoprire l’essenza che pulsa in ogni cuore per tornare a volare liberi come aquile, regine dei cieli.
Come bilanci l’uso del dialetto napoletano con l’obiettivo di raggiungere un pubblico più ampio?
Credo che il napoletano non abbia bisogno di essere compreso necessariamente razionalmente, anche se ‘A Verità è spiegata approfonditamente sul mio sito. Tra l’altro, in tanti siamo abituati ad ascoltare canzoni straniere, soprattutto in inglese senza comprenderne il significato, eppure ci piacciono. Perché ciò non potrebbe essere valido anche con il napoletano?
La musica napoletana ha suscitato grande interesse mondiale non solo per le meravigliose composizioni e testi, ma anche per la passione con la quale i vecchi maestri della scuola canora napoletana si esibivano. Spero di poter seguire, in parte, quella strada, anche se nel Concept Album ‘A verità ci saranno tre canzoni in napoletano, cinque in italiano, una in spagnolo ed una in italiano e francese.
Quali attività o progetti hai realizzato per promuovere la coesione tra i giovani?
All’età di 19 anni, poco dopo aver subito un grave incidente automobilistico decisi di dedicarmi alla ricerca interiore, all’arte e al volontariato.
Intrapresi una serie di viaggi all’avventura (Egitto, Tunisia, Spagna, etc..) grazie ai quali conobbi numerosi artisti che m’indicarono tecniche basilari per accedere al mondo della musica, del teatro e delle arti circensi che ho utilizzato prevalentemente in favore di esseri umani socialmente svantaggiati (soggetti psichiatrici, diversamente abili, minori a rischio e bambini ospedalizzati), operando anche in quartieri particolarmente degradati dell’hinterland partenopeo.
Inoltre, dalle attività di volontariato sono stati realizzati molteplici eventi di promozione sociale, ho ricevuto da Margherita Dini Ciacci, allora Presidente dell’Unicef Campania, il riconoscimento quale testimonial Unicef regione Campania.
Quali sono i tuoi piani futuri per continuare a unire musica e impegno sociale?
Oggi, mentre mi alleno ad accettare e a convivere con la patologia cronica dalla quale sono affetto, progetto la divulgazione di ciò che ho appreso in tantissimi anni di volontariato e che ho sigillato nel mio recente libro Figli del vento “sposati con le stelle “.
Da quel libro ho partorito:
‘A Verità Concept album in fase di registrazione
Katreftis uno testo teatrale scritto con il mio socio di sempre Espedito Petacca (affetto da tetraparesi spastica)
In conclusione, mi auguro che possa al più presto divulgare i messaggi contenuti in queste opere, anche perché l’arte è parte del mio percorso terapeutico per ridurre gli effetti devastanti della fibromialgia secondaria.