Antimo Ceparano: Romanzi, anarchia e teatro

Antimo Ceparano
Antimo Ceparano
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Oggi ospitiamo lo scrittore Antimo Ceparano, esponente  e coofondatore di Anarcarte insieme ad Ivano Ciminari, nuovo manifesto delle arti libertarie. Autore di diversi romanzi, porta in scena Processo a Naoor con le musiche degli alunni della IVAM del liceo musicale Alfonso Gatto di Agropoli.

D.: Cosa l’ha ispirata a scrivere “PROCESSO A NAOOR”?

Credo molto nella possibilità che il “mondo” possa finalmente liberarsi dall’ignoranza di persone afflitte dal delirio di onnipotenza e che scaricano le loro frustazioni sul genio femminile.

D.: Perché ha scelto di ambientare la storia in Afghanistan?

In quel paese vige un’economia dei pochi che ha bisogno di esercitare l’oscurità totale nei confronti di ogni libertà. Intendo per libertà tutto ciò che libera la persona umana dalla schiavitù delle cose e delle idee, e quindi utilizza anche la religione, intesa come strumento coercitivo e non spirituale. L’occidente tollera perché proprio da quelle parti passano i grandi condotti del gas e del petrolio e in cambio di una tranquillità energetica i nostri paesi hanno permesso e permettono l’irreparabile follia di menti malate.

D.: Il personaggio di Naoor è ispirato a una figura reale o è completamente di fantasia?

Rappresenta tutte le donne che vengono violate, nella loro essenza dal potere folle.

D.: Qual è il significato del nome “Naoor”?

deriva dal termine arabo NUR, che significa luce ed è anche uno dei 99 nomi di Allah . Ho voluto dare questo nome per due ragioni, prima perché la luce non si può uccidere, anzi ne abbiamo bisogno, il secondo motivo è che nell’uccidere Naoor si uccide anche un “nome” una qualità di Allah e quindi di Dio.

D.: Come ha sviluppato i personaggi degli accusatori (Afreen, Aquib e Arsalan)?

Seguendo l’aspetto umano ed antropologico dei vari “Polonio” di shakespeariana memoria. In genere questi personaggi, i cui nomi vanno dal significato di lode, eccellente per finire a quello di Arsalan il cui significato è leone valoroso, credo che sia chiara l’ironia che uso

D.: Perché ha deciso di coinvolgere il pubblico nella decisione finale del processo?

Il finale è composto di un momento in cui alla fine del processo il pubblico vota per l’assoluzione o per la morte di Naoor. Chiaramente il pubblico vota per l’assoluzione ma non basterà perché ci sarà un secondo finale in cui l’innocenza viene condannata. Tutto questo per indicare che le decisione del potere non sono mai rappresentative della volontà, della vera volontà popolare.

D.: Qual è il messaggio principale che vuole trasmettere con quest’opera?

Di lottare per la libertà contro ogni apparente sconfitta. Alla fine la luce, Naoor, le varie Naoor non potranno che modificare in positivo la società cui appartengono.

D.: Come ha lavorato sulla caratterizzazione del personaggio di Adeel?

Sulla realtà del Vangelo che dice “ci saranno padri contro figli e figli contro padri” . Il sangue non è spiritualità ma lo è quello invisibile dei valori.

D.: Perché ha scelto di strutturare l’opera come un processo?

Da giovane ho fatto parte della compagnia italiana per il dramma antico di S. Lopresti e facevo la parte di Anito e di Licone e di Meleto, cambiavo maschera, secondo l’uso greco, nel processo a Socrate di Platone. La tragedia greca mi ha segnato nella mia formazione culturale e in parte quest’opera ne vuole riprendere, seppure modificato, lo spirito.

D.: Quali ricerche ha fatto per rappresentare accuratamente il contesto culturale e legale afgano?

Non esistono processi di questo genere in Afganistan, ma la ricostruzione è legata al modello culturale e antropologico di quel paese e non certo a quello legale.

D.: Come spera che il pubblico reagisca alla performance, specialmente al momento della votazione?

Nella rappresentazione dell’opera fatta il 6 di ottobre a Salerno, vi è stata una grande accoglienza del pubblico. Le musiche del Maestro Raffaele Cardone e dei suoi allievi, diretti da lui stesso, hanno completato il raggiungimento di un obiettivo in cui l’arte si fa balestra di un significato politico e lo lancia lontano.

D.: Quali sfide ha incontrato nel bilanciare la rappresentazione di temi culturali sensibili con il messaggio dell’opera?

Bisognava conservare la semplicità della narrazione e tenere lontano il pietismo astratto che caratterizza gran parte del teatro di denuncia

D.: Come ha sviluppato i monologhi di Naoor, in particolare quello finale?

In questo c’è stato la supervisione di Azzurra Liliano, ottima attrice e carissima amica. All’inizio la parte finale era orientata su di un solo finale.

D.: Perché ha scelto di includere l’opzione di due finali diversi (condanna o assoluzione)?

Perché la vita è un duale e non sempre il finale è quello giusto. Vedi nel manuale di retorica di Bice Mortara Garavelli, c’è un passaggio che spiega come la verità non è quella che appare ma quella che viene costruita. In parole povere se una maglia è di colore giallo con l’abilità del retore posso dimostrare che in realtà sembra gialla ma è di un colore simile. I due finali pongono proprio quest’aspetto. Non furono forse uccisi Sacco e Vanzetti e dopo decenni gli USA hanno chiesto scusa perché hanno riconosciuto nell’assassinio un errore? Mi somando solamente: a cosa servono le scuse?

D.: Come vede il ruolo della religione all’interno della narrazione?

La religione, spesso diventa un luogo sociale e tradisce l’aspetto spirituale che le è proprio. Credo che in quest’opera ciò sia evidente.

D.: Qual è il significato della scelta di far sedere il pubblico in cerchio?

E’ un accorgimento scenico che deriva dalla mia esigenza di coinvolgere il pubblico.

D.: Come spera che quest’opera possa influenzare la percezione del pubblico sui diritti delle donne in contesti culturali diversi?

Penso in modo reale, e quindi positivo.

D.: C’è un personaggio o una scena in particolare a cui è più affezionato? Perché?

Tutti i personaggi perché attraverso di loro rendo esplicito il senso dell’assurdo che denuncia Naoor

D.: Quali riflessioni ha suscitato nel pubblico dopo la  rappresentazione?

Positivo. Sono stato fermato, subito dopo la rappresentazione da persone del pubblico che mi hanno comunicato le loro sensazioni, tra le quali l’emozione suscitata in loro dall’opera stessa.

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